Ominazione, biodiversità e cambiamento climatico

Su Science il paper di un team internazionale di scienziati, tra cui il paleontologo federiciano Pasquale Raia, che illustra nuovi aspetti del rapporto tra Sapiens e cambiamenti climatici


Resilienti da tre milioni di anni

Gli antenati dell’uomo preferivano vivere in luoghi con ecosistemi estremamente complessi e ricchi di biodiversità plasmando la nostra capacità di adattamento nel corso di tre milioni di anni. Lo studio intitolato “Human adaptation to diverse biomes over the past 3 million years” e pubblicato sulla rivista Science proviene da un team internazionale che ha illustrato le preferenze delle prime specie umane, le loro esigenze alimentari, la conseguente ricerca di paesaggi diversificati al fine di adattarsi ai numerosi rivolgimenti climatici.

L’immagine evidenzia la distribuzione geografica degli habitat preferiti dalle varie specie Homo

Il genere Homo si è dunque evoluto nell’arco di tre milioni di anni facendo i conti con numerose fluttuazioni climatiche. I dettagli del susseguirsi delle ere glaciali e il conseguente impatto sulle modificazioni nella fauna e nella flora restano ancora da chiarire. In particolare va chiarito in che misura i nostri antenati hanno preferito adattarsi ai cambiamenti locali oppure migrare inseguendo le risorse alimentari.


Un supercomputer per inquadrare paleoclima e paleovegetazione

Raccolte di dati e simulazioni paleoclimatiche sono state fornite dall’IBS Center for Climate Physics, avanguardistica infrastruttura di supercalcolo di un ateneo sudcoreano (Università Nazionale di Pusan, Corea del Sud).

Per misurare quantitativamente questa traccia scientifica i ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti da oltre tremila siti archeologici datati e catalogati tenendo conto delle rappresentanze delle sei diverse specie umane e combinando le simulazioni del paleoclima con l’evoluzione della paleovegetazione. L’arco degli ultimi 3 milioni di anni fornisce agli scienziati dati che diversificano con chiarezza biomi estremi quali savana, foresta pluviale o tundra.

«I siti archeologici e antropologici dimostrano che mentre i pre-Homo sapiens erano specialisti e localisti, i Sapiens sono diventati generalisti e globalisti»

— Elke Zeller

“Il nostro modello di paleovegetazione basato sul clima rivela quali biomi siano stati favoriti dalle specie di ominidi estinti (Homo Ergaster, Homo Habilis, Homo Erectus, Homo Heidelbergensis e Homo Neanderthalensis) e quali prediletti dagli Homo Sapiens”, ha chiarito Elke Zeller, dottoranda del centro per la Fisica del Clima e autrice principale dello studio.

Lo studio ha scoperto, ad esempio, che i primi ominidi africani preferivano vivere in ambienti molto aperti quali praterie e savane. Migrando poi in Eurasia 1,8 milioni di anni fa, ominidi quali l’Erectus, lo Heidelbergensis e il Neanderthalensis, hanno cominciato a sviluppare una maggiore tolleranza alle variabilità paesaggistica, attraversando foreste temperate e boreali.


Sfida tra ominidi

«Per sopravvivere in ambienti difficili e complessi come le savane e le foreste, i nostri antenati svilupparono strumenti in pietra sempre più avanzati e probabilmente anche spiccate abilità sociali»

— Pasquale Raia

Mobili, flessibili e competitivi, i nostri diretti antenati, a differenza di qualsiasi altra specie ominide precedente, sono diventati capaci di sopravvivere anche in ambienti estremi come il deserto e la tundra. Alla fine, il Sapiens è emerso circa 200.000 anni fa inizialmente in Africa, diventando in tempi brevi la specie umana dominante in virtù della maggiore capacità di interagire con qualsiasi bioma disponibile. Complessivamente gli scienziati hanno riscontrato un significativo raggruppamento dei primi siti di occupazione umana in regioni con una maggiore diversità di biomi. Ciò significa che i nostri antenati amavano paesaggi a mosaico, con una spiccata varietà di flora e fauna da sfruttare.


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