
Uno studio pubblicato su Nature Communications offre l’immagine più dettagliata mai realizzata delle strutture vulcaniche sotterranee dei Campi Flegrei
Il sistema dei Campi Flegrei
Il sistema vulcanico dei Campi Flegrei è uno dei più pericolosi e densamente popolati d’Europa. La ricerca sul sottosuolo di questo territorio è stata guidata dal professore Aldo Zollo e vede come prima autrice la dottoressa Grazia De Landro, entrambi membri del Laboratorio di Sismologia del Dipartimento di Fisica dell’Università Federico II.
Lo studio è il risultato di una collaborazione scientifica internazionale di rilievo, che ha coinvolto la Stanford University (USA), l’Université Grenoble Alpes (Francia) e l’azienda di tecnologia geofisica ALomax Scientific.
Utilizzando una combinazione di imaging sismico ad alta risoluzione, fisica delle rocce e caratterizzazione di campioni prelevati tramite carotaggio in laboratorio, oltre a sofisticati modelli geofisici, il team di ricerca ha rivelato che a guidare l’instabilità attuale dei Campi Flegrei non è il magma, ma i fluidi pressurizzati presenti in profondità.

Gli scienziati hanno confermato la presenza di tre principali strutture sotterranee e, per la prima volta, hanno identificato come le loro dinamiche spaziali e temporali siano strettamente collegate all’evoluzione dell’attività sismica:
- Un strato superficiale fibroso (1–2 km di profondità), che agisce come un sigillo naturale, in grado di piegarsi sotto stress, ma che alla fine può cedere, provocando micro-terremoti superficiali.
- Un serbatoio intermedio arricchito in gas (2–4 km di profondità), contenente una miscela di acqua, vapore e anidride carbonica pressurizzata, che esercita forti spinte sulle rocce sovrastanti.
- Un basamento profondo e stabile, costituito da rocce carbonatiche con forma concava verso il basso, soggetto a processi termo-metamorfici che possono rilasciare gas non magmatici.
Questa configurazione strutturale spiega il modello di sismicità e il sollevamento del suolo osservati nell’ultimo decennio. L’assenza di magma nei primi 4,5 km di profondità suggerisce che il rischio attuale è dominato dall’accumulo di pressione nei pori del serbatoio gassoso e dall’attivazione di faglie preesistenti.
Una collaborazione scientifica internazionale di rilievo
“La nostra attività di laboratorio mostra che la roccia del serbatoio sigillato si deforma in maniera esponenziale all’aumentare della pressione dei pori, quando l’acqua passa dallo stato di vapore a quello liquido”, spiega Tiziana Vanorio della Stanford University. “Il sigillo naturale che ricopre il serbatoio conferisce duttilità all’intero sistema, ma rappresenta anche la prima struttura destinata a cedere sotto l’aumento della pressione all’interno del serbatoio”.
“Questo studio esemplifica come la sinergia tra geofisica, geologia e modellazione numerica possa risolvere un enigma geologico di lunga data”, afferma Jean Virieux dell’Université Grenoble Alpes. “I risultati stabiliscono un nuovo punto di riferimento per il monitoraggio vulcanico e la valutazione del rischio multi-hazard”.
“Utilizzando strumenti di analisi sismica all’avanguardia, siamo stati in grado di tracciare la colonna di degassamento e le vie di trasmissione dello stress con una chiarezza senza precedenti”, dichiara Anthony Lomax, fondatore di ALomax Scientific. “Questo livello di risoluzione cambia le regole del gioco per la mitigazione del rischio in tempo reale”.

«Come ricercatrice nata e cresciuta a Napoli, contribuire alla sicurezza della mia città attraverso la scienza è stata una missione sia professionale sia personale.»
— Grazia De Landro
La prima autrice dello studio Grazia De Landro, commenta: “Questo lavoro dimostra come la ricerca di base possa avere un impatto reale sulla valutazione del rischio e sulla resilienza delle comunità”.
Secondo il professore Zollo, questi risultati sono fondamentali per migliorare i sistemi di allerta e i modelli di rischio, i quali devono considerare la possibilità che molteplici pericoli naturali – come deformazione del suolo, terremoti, emissioni di gas e eruzioni vulcaniche – possano verificarsi sia contemporaneamente sia in momenti diversi nel tempo. Una comprensione così approfondita potrebbe in futuro migliorare l’efficienza nella gestione del territorio.
“Comprendere i meccanismi interni delle strutture profonde dei Campi Flegrei ci consente di progettare una strategia di mitigazione del rischio flessibile e dinamica” .
— Aldo Zollo
“Questo approccio si basa su scenari multi-hazard, vincolati dai dati in tempo reale provenienti dalle reti di monitoraggio, con l’obiettivo ultimo di migliorare la protezione delle centinaia di migliaia di persone che vivono sopra questo vulcano attivo”, conclude Zollo.
Per approfondire
- 3D structure and dynamics of Campi Flegrei enhance multi-hazard assessment (https://doi.org/10.1038/s41467-025-59821-z)