
Il paper scientifico che illustra le ultime scoperte è stato pubblicato su Nature Astronomy da un team internazionale che vede tra i partecipanti Paola Manini, docente del Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II
Le ultime scoperte sul suolo marziano
Individuate nuove tracce di sostanze organiche associate a minerali solfati. La scoperta proviene dallo studio del cratere marziano Jezero che il rover Perseverance della NASA continua a esplorare in quanto uno dei luoghi più promettenti per l’identificazione di vita extra-terrestre nel passato del pianeta rosso. Il cratere corrisponde a un’antica area deltizia che un tempo ospitava un lago e che in passato potrebbe aver avuto un alto potenziale di abitabilità.
Il paper scientifico che illustra le ultime scoperte è stato pubblicato su Nature Astronomy da un team internazionale che vede tra i partecipanti Paola Manini, docente del Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II. Il team di ricercatori è guidato da Teresa Fornaro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La ricercatrice è una laureata illustre della Federico II: ha conseguito la Laurea Magistrale in Chimica nel 2012 presso il nostro ateneo con una tesi riguardante metodologie di rivelazione di composti organici indicatori di vita su Marte.
I solfati come archivio della materia organica su Marte
Oggi Teresa Fornaro si occupa di Astrobiologia, in particolare di simulazioni laboratoriali dell’ambiente marziano utili a supportare la ricerca di tracce organiche attraverso l’esplorazione robotica. La scienziata è l’unica rappresentanza italiana nel team della missione NASA Mars 2020, finalizzata allo studio dei campioni marziani.
Collocato a bordo del rover Perseverance, lo strumento Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals) ha rilevato segnali Raman forti e complessi associati a solfati, in particolare nelle aree denominate Quartier e Pilot Mountain, rispettivamente sul fondo del cratere e sul ventaglio deltizio. Per verificare l’ipotesi che i segnali osservati fossero effettivamente dovuti a molecole organiche, il team ha condotto esperimenti nel Laboratorio di Astrobiologia dell’Inaf a Firenze dove sono stati utilizzati materiali analoghi a quelli marziani e strumenti simili a Sherloc.

«Abbiamo mescolato minerali solfati con molecole organiche aromatiche facilmente rilevabili da Sherloc, utilizzando metodi che imitano processi naturali potenzialmente avvenuti in passato in un ambiente acquoso come Jezero.»
— Teresa Fornaro
«Questo metodo ci ha permesso di acquisire un set di dati di riferimento da confrontare direttamente con le osservazioni in situ, essenziali per interpretare correttamente i complessi segnali provenienti da Marte. Sulla base di queste indagini, abbiamo potuto attribuire questi segnali a idrocarburi policiclici aromatici preservati all’interno dei solfati», spiega Teresa Fornaro.
Certamente questi risultati, che si aggiungono a precedenti evidenze da meteoriti e dal cratere Gale, rafforzano il ruolo dello studio dei solfati nella comprensione di come e dove cercare tracce della possibile conservazione di materia organica marziana.
Ma al momento non è possibile affermare con certezza se queste molecole organiche siano residui derivanti dalla degradazione di materia microbica antica oppure abbiano origine abiotica, più specificamente prodotte da reazioni di gas magmatici con ossidi di ferro presenti nelle rocce vulcaniche.
«In attesa di un possibile futuro ritorno di questi campioni marziani per analisi più dettagliate sulla Terra, stiamo continuando a indagare sulla natura delle altre componenti di questi segnali complessi, la cui origine è ancora da chiarire del tutto», conclude Teresa Fornaro.
L’origine degli indizi rilevati potrà essere determinata con certezza solo quando i materiali torneranno sulla Terra.
Tra l’altro, uno degli scopi della missione NASA Mars 2020 consiste nello stoccaggio di campioni di rocce marziane per consentire una futura missione (Mars Sample Return) in grado di riportare i materiali sulla Terra per analisi più accurate. La storia del sottosuolo marziano (perlomeno quello fino a 2 metri di profondità) potrebbe fornire indicazioni importanti sulle caratteristiche della vita biologica sulla Terra e nel cosmo.
Per approfondire
- Evidence for polycyclic aromatic hydrocarbons detected in sulfates at Jezero crater by the Perseverance rover https://www.nature.com/articles/s41550-025-02638-z
- Modello 3D del suolo analizzato
https://sketchfab.com/3d-models/m2020-watson-pilot-mountain-sol-874-3305a8c5514c473187829d274dcdf634