Lanciato in orbita GREENCube, il primo orto spaziale

Si chiama MicroGREENs cultivation in a CubeSat ed è un esperimento progettato da ENEA, Federico II e La Sapienza lanciato nello spazio con il volo inaugurale di “VEGA-C”, il nuovo razzo ESA


Colture idroponiche nello spazio

GREENCube (MicroGREENs cultivation in a CubeSat) rappresenta in assoluto il primo esperimento scientifico di coltivazione di vegetali superiori in un ambiente oltre la LEO (bassa orbita terrestre). Misura 30 x 10 x 10 centimetri ed è stato lanciato con il volo inaugurale del nuovo vettore ESA “VEGA-C” dalla base spaziale di Kourou (Guyana francese). Il micro-orto è stato progettato da un team tutto italiano composto da ENEA, Università Federico II e Università di Roma La Sapienza.

Il satellite CubeSat che ospita il micro-orto si compone di due unità: la prima contiene le microverdure, il sistema di coltivazione e controllo ambientale, la soluzione nutritiva, l’atmosfera necessaria e i sensori; la seconda unità ospita la piattaforma di gestione e controllo del veicolo spaziale.

Nel CubeSat vi è dunque un sistema integrato di sensori denominato “Environmental Control and Life Support System” (ECLSS) per il monitoraggio non distruttivo dei parametri ambientali di crescita e di salute delle piante.

I dati, destinati allo studio del comportamento fisiologico dei vegetali, consentiranno di indagare una futura dieta integrata per gli astronauti, soprattutto in prospettiva di missioni umane verso altri pianeti del sistema solare. Il microsatellite è totalmente autonomo, integrato di sensori in grado di trasmettere a terra i dati ambientali e di crescita delle piante in risposta alle condizioni di stress, durante tutta la fase sperimentale.  

Basato su coltura idroponica a ciclo chiuso e dotato di sistemi di illuminazione specifica, controllo di temperatura e umidità per rispondere ai requisiti restrittivi degli ambienti spaziali, GREENCube è in grado di garantire un ciclo completo di crescita di microverdure selezionate fra le più adatte a sopportare condizioni estreme. La sperimentazione durerà 20 giorni.



Guardando verso altri pianeti per salvare il nostro

La seconda metà del secondo millennio vedrà l’uomo alla conquista dello spazio profondo, oltre la bassa orbita terrestre, ma la permanenzaal di fuori della atmosfera terrestre è una sfida che impegna ogni settore della scienza e della tecnologia. I ricercatori, da sempre attratti verso nuovi orizzonti, guardano allo spazio e allo stesso tempo verso il nostro pianeta trovando connessioni utili alla sua salvaguardia.

“La ricerca spaziale si sta concentrando sullo sviluppo di sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello spazio; le piante hanno un ruolo chiave come fonte di cibo fresco per integrare le razioni alimentari preconfezionate e garantire un apporto nutrizionale equilibrato, fondamentale per la sopravvivenza umana in condizioni ambientali difficili”, sottolinea Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie ENEA. “I piccoli impianti di coltivazione in assenza di suolo come GREENCube possono svolgere un ruolo chiave per soddisfare le esigenze alimentari dell’equipaggio, minimizzare i tempi operativi ed evitare contaminazioni, grazie al controllo automatizzato delle condizioni ambientali. Per questo dopo il successo del lancio del razzo e del rilascio in orbita del suo carico, stiamo aspettando con ansia le temperature ottimali interne per dare il via libera alla sperimentazione”, conclude.

Il confronto tra i risultati degli esperimenti ottenuti nello spazio e a terra sarà cruciale per valutare la risposta delle piante alle condizioni di stress estremo e la crescita delle microverdure in orbita al fine di utilizzarle come alimento fresco ed altamente nutriente nelle future missioni.

“Oltre alla capacità di convertire anidride carbonica in biomassa edibile, gli organismi vegetali sono in grado di rigenerare risorse preziose come aria, acqua e nutrienti minerali”, evidenzia Nardi, “ma da non sottovalutare è anche il beneficio psicologico per l’equipaggio, derivante dalla coltivazione e dal consumo di verdura fresca che richiamano la familiarità di abitudini e ambienti terrestri per far fronte allo stress psicologico cui gli astronauti sono soggetti, dovuto alle condizioni di isolamento in un ambiente totalmente artificiale”.

Oltre a GREENCube a bordo del razzo, sono stati lanciati nell’orbita spaziale anche altri 5 mini-satelliti, della classe CubeSat, che costituiscono il carico secondario del lanciatore e sono: gli italiani AstroBio e ALPHA, lo sloveno Trisat-R e i due francesi MTCube-2 e Celesta mentre il carico principale è rappresentato dal satellite LARES-2 dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che condurrà studi nel campo della relatività generale e di altre teorie di fisica fondamentale. Sviluppato dall’azienda italiana Avio, il nuovo razzo Vega-C rappresenta l’ultima evoluzione del lanciatore europeo Vega inaugurato nel 2012, ma più grande, potente, versatile e con una maggiore capacità di carico a fronte di minori costi.